Di seguito pubblichiamo l’intervento di Aldo Grandi pubblicato sulla Gazzetta di Lucca lo scorso 21 marzo.
Il Bigio a chi? A noi!
di aldo grandi – Il sindaco di Brescia si chiama Emilio Del Bono e se non fosse per una consonante, avrebbe lo stesso nome e il medesimo cognome di uno dei quadriumviri che posero le fondamenta del Partito Nazionale Fascista e che, nell’ottobre 1922, guidarono la marcia su Roma. L’attuale primo cittadino bresciano che ha quella elle in più che gli impedisce, fortunatamente, ogni accostamento di carattere storico e rievocativo, è al comando di una giunta di centrosinistra che, al momento del suo insediamento, un paio di anni fa o giù di lì, si è trovata tra le mani la cosiddetta patata bollente e che patata! Sì, perché la patata in questione era ed è, nientepopodimeno che la statua che Arturo Dazzi, su incarico e indicazione di Marcello Piacentini, l’architetto principe del regime mussoliniano, realizzò e consegnò alla città.
La statua fu ricavata da un blocco di marmo estratto dalle cave di Carrara e trasportato a valle non senza fatica. Quando arrivò in fondo, ci si accorse che il blocco non passava sotto un ponte e, allora, si scavò per otto metri la strada così da poter proseguire.
L’amministrazione precedente quella di Del Bono, di centrodestra, nall’ambito di un progetto di riqualificazione della piazza della Vittoria, centrale e da risistemare, pensò arditamente di inserire la statua – denominata Il Bigio – nel bel centro all’interno di una fontana costruita e disegnata, quella sì, direttamente da Piacentini. Ovviamente l’opposizione, comunista e similare, nonché l’Anpi, sempre pronta a rilasciare pareri anche quando non sono richiesti, scatenarono un putiferio sia per l’aspetto ideologico sia per quello economico visto che la spesa di ristrutturazione del monumento si sarebbe aggirata intorno ai 500 mila euro.
La caduta del sindaco Adriano Paroli – il 10 giugno 2013, al ballottaggio, è eletto Del Bono con il 56,53 per cento delle preferenze – facilita l’oblìo dell’azzardo storico, ma non spegne la contesa che, incredibile, ma vero, si riaccende in questi giorni e la Gazzetta di Viareggio lo rivela senza peli sulla lingua e in esclusiva, grazie all’intervento del sindaco Umberto Buratti da Forte dei Marmi. Infatti, tale Leopoldo Belli, ex dipendente del comune fortemarmino ormai in pensione, si presenta dal sindaco tempo fa e gli mostra una immagine, una foto inguiallita dal tempo e spiega che il modello di quella statua eretta a Brescia nel 1932 e realizzata dall’artista Arturo Dazzi, era il papà.
Buratti, che in fatto di esplosività è, pressoché unico e pari al gemello Massimo Mallegni, si informa e scopre che a Brescia il suo collega di partito, appunto Del Bono, la statua dello scultore fortemarmino la tiene chiusa in un magazzino chissà per quali ragioni se non, appunto, politiche e ideologiche.
“Io lo dico sinceramente – esordisce Buratti – Noi abbiamo la fondazione Dazzi e consideriamo l’artista un personaggio che ha fatto e fa onore alla città, indipendentemente da ogni giudizio di carattere politico. Così, quando mi sono reso conto che la statua di Brescia era stata accantonata, ho pensato bene di telefonare al sindaco e di chiedergli che se non sanno cosa farsene, ebbene, che ce la restituiscano a noi che la prendiamo più che volentieri e la aggiungiamo alla splendida collezione che già possediamo”.
La statua raffigura un giovane completamente nudo – riscosse all’epoca l’apprezzamento di molti omosessuali, ma le proteste della Chiesa e del vescovo di Brescia – che doveva raffigurare l’Uomo nuovo che il fascismo voleva rappresentare, volto verso l’avvenire, pulito, orgoglioso, fisicamente perfetto o quasi. Si dice anche che quando il duce si recò a far visita alla statuta, si chinò e, osservandola dal basso, espresse il suo apprezzamento per i genitali: “E’ potente’, pare che disse.
Al di là degli aneddoti, il sindaco Buratti non ha paura di passare per un fascista nostalgico né delle reazioni sconsiderate e scomposte di antagonisti, antifascisti e parrtigiani ormai più esistenti, che vedono in un monumento non l’oggetto storico e artistico, ma il Male assoluto. “Sto aspettando la telefonata di Del Bono – conclude Buratti – Ma non ho ancora ricevuto alcunché”.