Piazza Vittoria, il Bigio e Palmira

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(INTERVENTO DA FABIOROLFI.NET) La decisione di utilizzare il piedistallo del Bigio in Piazza Vittoria per collocarvi opere di ‘arte moderna’ rappresenta la ciliegina sulla torta di una vicenda che ha del ridicolo. Per prima cosa bisognerebbe chiedesi, senza scomodare esperti o critici d’arte, che cosa c’entri una piazza progetta durante il ventennio, con l’architettura dell’epoca, e coerentemente ristrutturata, con l’arte moderna? Personalmente credo nulla; un operazione stramba che rischia di esporre Brescia al ludibrio nazionale.

Bisogna poi ricordare che per riposizionare il Bigio sono stati spesi soldi, è stato realizzato il piedistallo e si è riqualificata l’area nel modo consono proprio per ospitare una statua che di quella piazza, piaccia o meno, è parte integrante. Questo denaro pubblico, già utilizzato, richiama ad una responsabilità che non può essere ignorata e gli attuali amministratori cittadini non hanno alcun diritto di piegare, in base al loro gusto o alle rispettive ideologiche politiche, la storia di un luogo centrale per la nostra Città. Sarebbe ora che qualcuno, a partire da chi siede in minoranza nel Consiglio comunale, richiamasse l’attenzione della Corte dei Conti su questo tema.

Ogni piazza è figlia del suo tempo, del contesto storico nel quale è stata progettata, sia sotto il profilo artistico, che su quello culturale e politico. Pensare di cancellare la storia in questo modo è certamente miope, ma anche segno di debolezza culturale prima ancora che politica. Fra le altre cose si tratta poi di una cancellazione molto parziale, dato che in tutta la piazza permangono segni evidenti dell’origine fascista, a partire dall’arengario. A questo punto, date le premesse, l’amministrazione Del Bono dovrebbe avere il coraggio di rifare l’intera piazza, cancellando ogni riferimento architettonico relativo al ventennio.

Non è una questione di ideologia politica (personalmente mi sento equidistante allo stesso modo dai due totalitarismi del 900, di destra e di sinistra), ma bensì di coerenza storica, di serietà istituzionale e, se vogliamo, anche di interesse artistico della Città. Siamo così sicuri che il Bigio, data anche la rilevanza mediatica di cui ha goduto suo malgrado in questi anni, ricollocato al posto che gli spetta, non possa diventare anche oggetto di interesse turistico? Forse un ragionamento serio, meno influenzato dai paraocchi ideologici, potrebbe mettere in rilievo anche questo aspetto.

Non esiste quindi un piano B. E non lo è di certo la maniera confusa e disordinata con cui la Giunta Del Bono cerca di assecondare i pruriti ideologici della sinistra comunista alla quale è indissolubilmente legata. Il Bigio o ritorna in piazza Vittoria, ricomponendo l’architettura del luogo nella sua formulazione originaria, oppure rimarrà nei magazzini della Loggia. Ma nel secondo caso si abbia il coraggio di dirlo: si ammetta apertamente la cosa, dimostrando così la propria miopia culturale, figlia soltanto del più strumentale interesse politico, ossia quello di poter ricattare qualche voto in più da chi pensa che la Seconda guerra mondiale non sia ancora terminata.

Sarebbe invece il caso di voltare pagina una volta per tutte, accettando quel passato che, nel bene o nel male, fa parte della nostro vissuto, abbandonando la pretesa di cancellare con un colpo di penna le cose che non ci piacciono. Anche perché, con questo modus operandi e fatti i dovuti e ovvi distinguo, si fa fatica non scorgere una lontana somiglianza con quanto è accaduto recentemente a Palmira, dove qualcuno, accecato dall’odio, ha raso al suolo i monumenti, nella ridicola aspettativa che questa vigliaccata potesse in qualche modo cancellare la storia stessa.

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