Bigio, missione Goldfinger: «In piazza Vittoria ma d’oro»

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BresciaOggi è tornato sulla questione del ritorno del Bigio in piazza Vittoria con un articolo a firma Eugenio Barboglio pubblicato sul giornale di martedì. ECCOLO:

Il Bigio dorato come l’Oscar hollywoodiano. È la strada della demistificazione che, chissà, il Comune potrebbe imboccare per dare una soluzione definitiva ad un nodo che è lì sul tappeto da anni. Praticamente da quando a Paroli venne l’idea di rimettere la statua del Dazzi in piazza della Vittoria come atto finale di una ristrutturazione che sarà terminata dal suo successore. Il quale però, insieme all’eredità «buona» della piazza rimessa a nuovo ha avuto anche quella «cattiva» di un piedistallo vuoto – in cima alla fontana ripristinata – da riempire in qualche modo. E attorno al quale si stava arroventando una polemica che ha diviso e divide la città. Sul che fare si è molto dibattuto, ma senza arrivare a nulla di concreto. Si è formata una piccola letteratura fatta di proposte anche le più bizzarre. In un clima di scontro ideologico – il Bigio come simbolo fascista, del resto il suo nome originale è Era Fascista – tra chi la mette sul terreno puramente estetico e chi ritiene inevitabile il connotato politico. Per la verità ultimamente del Bigio si parla meno, ma a rompere il relativo silenzio ecco arrivare la proposta/provocazione del fotografo Eros Mauroner. Rimettiamo pure il Bigio in piazza ma dipingiamolo di oro. A corollario di una valutazione che in una certa misura le precede tutte: lasciarlo vuoto che senso ha? Se l’idea attecchisse in Loggia, sarebbe come salvare capra e cavoli? BÈ, «DESTRE» e quelli che dicono «allora bisognerebbe buttar giù anche l’Arengario», non la prenderebbero molto bene. Anzi, si può star sicuri che almeno i primi la prenderebbero male. Comunque sia, passato e presente avrebbero trovato una sintesi, e il rebus della piazza una soluzione. Certo c’è l’incognita della Sovrintendenza, ma l’idea di Mauroner è quella non di dipingere l’originale ma una copia, e l’originale collocarlo nel museo del Dazzi. «Dipingere d’oro la statua, la lega a tutta una serie di forme dell’arte contemporanea, a un kitsch culturale e espressivo», dice Mauroner. Che aggiunge: «Sono convinto che questa operazione farebbe parlare di Brescia in tutta Italia e forse anche oltre, anzi immagino che la statua d’oro del Bigio potrebbe svolgere un ruolo di forte attrazione e di curiosità per questa città. In mezzo alle tante tensioni di questi nostri tempi tingere d’oro il monumento, proprio per il tipo di monumento che è, ne farebbe anche un monumento di pace e di gioia, giocoso e non violento, un monumento contro l’omofobia». Peraltro l’idea starebbe dentro il solco di altre, che le assomigliano. Sarebbero state elaborate bozze in seno al Comune e Brescia Musei in cui il Bigio appare colorato di azzurro con la chioma gialla. Che il Comune sia indirizzato verso una soluzione demistificatoria è però ancora tutto da capire. NON BISOGNA dimenticare che una proposta in chiave provocatoria era stata avanzata dall’artista svizzero Buchler nell’ambito delle mostre che doveva realizzare a Brend. Ma il risultato è stato quello di un altolà della Loggia, preoccupata che una provocazione sul Bigio alimentasse ancora più polemiche di quante il solo «lo rimetto o non lo rimetto» aveva suscitato. D’altronde l’attualizzazione (del Bigio) non solo rappresenta una corrente di pensiero, ma trova esempi altrove. Basti pensare al caso di Pluto e Proserpina, la statua di due metri in acciaio inox di Jeff Koons sistemata accanto al David di Michelangelo e a Giuditta e Oloferne nell’arengario di palazzo Vecchio, in occasione della rassegna sull’artista americano in corso a Firenze. Uno scandalo però che pare però aver suscitato grande curiosità a livello di visitatori.

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